La recensione di A Jazzman's Blues, intenso dramma a sfondo razziale che segna una svolta nella carriera registica di Tyler Perry.
1940, stato della Georgia. Bayou è odiato dal padre e dal fratello maggiore, che lo ritengono ritardato per via della sua timidezza, e trova conforto solo tra le braccia della madre. Allo stesso modo Leanne, malvista dalla comunità, abita con lo scorbutico nonno che le impedisce di avere una vita sociale.I due si incontrano e da pecore nere della comunità finiscono per innamorarsi, anche se il loro amore clandestino deve essere consumato durante le ore notturne, all'oscuro mentre tutti dormono. Quando lui le chiede di sposarla, la situazione prende una piega imprevista e l'ipotetica futura suocera decide, anche per via di false accuse, di portare via con sé la figlia.Come vi raccontiamo nella recensione di A Jazzman's Blues, quello tra Bayou e Leanne è un legame non certo destinato a svanire, nonostante lo scorrere del tempo e la distanza che li separa. Ma la ragazza si è ormai fidanzata con un ricco bianco, erede di una dinastia politica, e cerca di nascondere il colore della propria pelle fingendo di essere quello che non è. Il ritorno di fiamma tra i due rischia di inasprire conflitti razziali e problematiche familiari mai risolte...
Una svolta inattesa
Il Tyler Perry che non ti aspetti, in quella che potrebbe essere un'effettiva svolta nella carriera del regista e attore afroamericano, spesso alle prese con ruoli e film leggeri quando non demenziali. Con A Jazzman's Blues, presentato pochi giorni fa al festival di Toronto e ora disponibile nel catalogo Netflix come Original, ci troviamo infatti davanti ad un (melo)dramma d'epoca a sfondo razziale ambientato in un'America ancora profondamente poco inclusiva nei confronti della popolazione nera, dove l'inganno era una possibile, pericolosa, scappatoia per sottrarsi a una situazione di svantaggio.Proprio questo osteggia la love-story tra i due protagonisti, che cresce progressivamente nelle fasi iniziali del racconto fino a quella burrascosa separazione - che non sarà l'ultima - che rivoluziona le dinamiche tra i vari personaggi, ognuno pronto a giocare un determinato ruolo ai fini degli eventi.
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Un contorno ispirato
Nella gestione delle figure secondarie la sceneggiatura avvince e convince, dando vita a caratteri tormentati e piacevolmente ambigui - in primis il fratello musicista, geloso del successo - e riesce in questo modo a nascondere qualche frivolezza, con una manciata di stereotipi e forzature a far capolino qua e là.La vicenda è raccontata in un lungo flashback accompagnato dal costante voice-over che ripercorre le lettere/memorie di Bayou, fino a quell'epilogo tragico già ampiamente suggerito dall'evento iniziale. Due ore di visione che riescono a mantenere costante la soglia d'interesse, evitando tempi morti di sorta grazie a una regia dinamica che riesce sempre a far tesoro delle situazioni narrative.
Alla ricerca del tempo perduto
La ricostruzione d'epoca, pur senza eccellere in esaustivi campi larghi o in un gran numero di location, limitate e per gran parte ambientate nelle spoglie campagne / paludi, è di buon livello, così come la componente musicale che gioca un ruolo fondamentale nel percorso del protagonista, diventato da un momento all'altro star della vita mondana di Chicago. A Jazzman's Blues ha poi un merito non da poco, quello di aver saputo dosare in maniera coesa ed equilibrata la retorica a tema, senza mai strabordare in gratuite scene madri ma anzi rimanendo saldamente ancorato al cuore primigenio della vicenda, già intensa e carica di significati pur nella sua apparente semplicità di fondo.
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Conclusioni
Un racconto caratterizzato da affascinanti ambiguità, dinamiche ideali per far da contorno ad un melodramma a sfondo razziale ambientato negli States degli anni Quaranta. Come vi raccontiamo nella recensione di A Jazzman's Blues l'amore tra i due protagonisti è osteggiato non soltanto da una società ancora profondamente divisa tra bianchi e neri ma anche da aspre situazioni familiari che pongono ostacoli su ostacoli in un racconto destinato alla tragedia. Tyler Perry firma la sua opera più matura, un film non ancora perfetto ma intenso e appagante al punto giusto, interessante soprattutto nel suo non urlare ad ogni costo, preferendo far prevalere la forza del racconto con una genuina semplicità di intenti.
Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.1/5
Perché ci piace
- Una regia sobria e intensa al contempo, capace di elevare le tematiche del racconto.
- Un cast convincente.
- La messa in scena e la colonna sonora ci trasportano con immediatezza nel relativo periodo storico.
Cosa non va
- Qualche ingenuità e forzatura in fase di sceneggiatura.